L’uomo morirà successivamente in ospedale. Per il giudice non esiste rapporto di “causa ed effetto”.

Cronaca/di p.z.

All’epoca dei fatti era il il 19 marzo del 2013. Serafini Salvatore era un uomo di 78 anni che con la sua bicicletta percorreva via Bianchini per recarsi presso la propria abitazione.

All’altezza del civico 28 nel tentativo di districarsi tra i numerosi avallamenti del manto stradale ed evitare le auto parcheggiate sul lato di percorrenza si incastra con la ruota anteriore della sua bicicletta in un’ampia buca di circa cm. 60 x 18 con profondità di cm 7 (dati riportati sulla relazione dell’ufficio tecnico comunale) ricoperta con terriccio e non bitumata.

Il sig. Serafini cita in giudizio il Comune facendosi rappresentare e difendere dall’avv. Patrizia Russo. Il Comune di Galatina si costituisce in giudizio rappresentato e difeso dagli avvocati Elvira Pasanisi e Giuseppina Capodacqua, dell’Avvocatura comunale e “deducendo l’insussistenza di responsabilità” chiedono l’autorizzazione di chiamare in causa l’Acquedotto Pugliese che si costituisce in giudizio rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Schittullo.

Il Giudice, dott.ssa Katia Pinto, dispone che venga esperita una perizia tecnica al fine di far stimare l’entità e la gravità dei danni subiti dal sig. Serafini che durante la degenza era deceduto e pertanto nel giudizio erano subentrati gli eredi.

Valutate nel loro complesso le risultanze acquisite, il Giudice ritene di accogliere la richiesta risarcitoria.

Alla base della motivazione vi è il fondamento che vi è una forma di responsabilità in capo al custode per i danni provocati dalla cosa custodita salvo che non provi di essersi trattato di caso fortuito o mancanza di prudenza e diligenza da parte del danneggiato.

Nello specifico, rileva il Giudice, nel dispositivo di sentenza, “l’asperità del manto stradale in cui la ruota anteriore della bicicletta è rimasta incastrata non solo non è stata contestata in sede di costituzione” ma è oltretutto descritta analiticamente nella relazione del tecnico comunale geom. Saverio Mengoli.

Dalla visione delle foto, aggiunge il magistrato, emerge non solo la presenza della buca in questione di dimensioni ragguardevoli, soprattutto di profondità, collocata in posizione trasversale rispetto alla carreggiata, ma soprattutto di una costellazione di asperità e sconnessioni ed abrasioni da cui l’intera via Bianchini in quel tratto risultava interessata all’epoca del sinistro, deve senz’altro escludersi una qualsiasi forma di concorso di Serafini Salvatore nella caduta.

Ne si può imputare alcuna colpa o concorso di colpa alla terza chiamata in causa essendo esclusa per essa “qualsiasi forma di “custodia” o di “potere di fatto” ed oltretutto i lavori eseguiti da AQP fatti in via Banchini sono datati settembre 1982, né sono mai stati eseguiti successivamente lavori manutentori di qualsiasi natura e viene aggiunto che successivamente ai lavori eseguiti dallo stesso AQP il Comune ha eseguito il rifacimento di tutta la pavimentazione stradale.

Alla luce di queste considerazioni e della perizia tecnica eseguita (per la verità con criteri abbastanza originali ed opinabili riguardo la quantificazione dell’entità del risarcimento principalmente con riferimento all’età media della vita e la durata della degenza se il ricorrente fosse rimasto in vita) il Giudice accoglie la domanda e accertata l’esclusiva responsabilità del Comune di Galatina condannandolo al pagamento in favore degli eredi Serafini della somma di “€ 102.924,75 a titolo di danno non patrimoniale, oltre interessi legali sulla somma anno a decorrere dal marzo 2013 oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo, nonché di ulteriori € 302,50 a titolo di danno patrimoniale

Condanna, inoltre, il Comune di Galatina al pagamento di 8.500 euro per spese di lite in favore degli eredi Serafini ed altrettante ad Acquedotto Pugliese s.p.a. oltre IVA e CAP come per legge, nonché € 660,00 per spese in favore degli eredi.

Pone, infine, a carico del Comune di Galatina in via esclusiva le spese occorse per la consulenza espletata e separatamente liquidate.

Complessivamente si tratta, quindi, di circa 120-130 mila euro. Larga parte di essi avrebbero potuto forse essere risparmiati se la vicenda fosse stata risolta per altre vie. Ostinarsi in un giudizio, quando la partenza è una relazione tecnica abbondantemente “inchiodante” per il Comune non è stato certamente il massimo di chiarezza di idee.

Ci auguriamo almeno che da parte dell’Avvocatura comunale ci sia stato un parere, un consiglio contrario rispetto alla strada seguita, come pure auguriamo ci sia qualora a qualcuno venisse la malaugurata idea di ricorrere in appello.